Hacking di stato italiano
Qualche centinaio di utenti italiani sono stati inseriti per errore in un sistema per la sorveglianza di sospetti criminali sotto indagine. L’errore poteva essere facilmente evitato, ma scoperchia una situazione disastrosa nella gestione delle intercettazioni elettroniche.Quando si parla di hacking di stato, c’è sempre il pericolo che le cose sfuggano al controllo di chi dovrebbe usarle lecitamente e gli esempi non sono certo mancati in passato. Per questo non sorprende più di tanto scoprire che anche le forze dell’ordine italiane non hanno gestito in maniera impeccabile il loro sistema di intercettazione elettronica.Come ci ha confermato qualche tempo fa un colonnello dei Carabinieri, al giorno d’oggi una parte importantissima delle indagini viene condotta sui dispositivi elettronici dei sospettati e le intercettazioni avvengono per lo più mettendo sotto sorveglianza lo smartphone degli indagati tramite l’uso di “captatori informatici” meglio conosciuti come spyware di Stato.